Cosa succede a un adolescente che sente il bisogno di ferirsi per affrontare il proprio dolore emotivo? Troppo spesso si oltrepassa quel confine invisibile tra il mondo esterno e quello interno. La pelle, che funge da barriera protettiva tra il corpo e l’ambiente esterno, diventa il terreno su cui l’adolescente esercita un potere assoluto. Il taglio diventa un modo per allentare una tensione insopportabile, un gesto disperato per dare sfogo a un’emozione che non trova altra via d’uscita. Anche se la vista del sangue può essere inquietante, per chi si ferisce, essa rappresenta una sorta di liberazione.
Questo fenomeno è più diffuso di quanto si possa pensare, con un’incidenza particolarmente alta tra le ragazze di età compresa tra i 12 e i 14 anni. L’angoscia che provano è talmente intollerabile da spingerle a preferire il dolore fisico a quello psicologico. La difficoltà nel regolare le emozioni impedisce loro di affrontarle e gestirle adeguatamente, rendendo facile oltrepassare quella che viene definita la “finestra di tolleranza”, un concetto regolato dai sistemi simpatico e parasimpatico.
Ci sono molte emozioni che gli adolescenti non riescono a gestire, come la rabbia e la tristezza, che spesso sfociano in disperazione e solitudine. Questo stato d’animo li fa sentire intrappolati in una rete invisibile, privi di protezione, non visti dalle loro figure di riferimento e spesso isolati dal contesto sociale. È come se non riuscissero a esprimere il proprio disagio e i propri bisogni a parole, trovando invece in comportamenti autolesionistici un modo alternativo, seppur malsano, di comunicare. Diventano meno amorevoli verso se stessi e sfidanti nei confronti delle figure genitoriali, cercando, nell’unico modo che conoscono, di attirare l’attenzione su di sé. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questo comportamento non è legato a tendenze suicidarie, ma piuttosto a un tentativo di riprendere il controllo della propria vita; il dolore fisico, infatti, appare più gestibile e controllabile rispetto a quello emotivo. Il cutting può accompagnare o precedere disturbi come quelli della personalità, del comportamento alimentare, l’isolamento, la depressione e l’abuso di sostanze.
Ragazze e ragazzi tendono a nascondere ciò che fanno, coprendo le braccia il più possibile, anche nelle stagioni calde, con maniche lunghe. Spesso si isolano, presentano ferite, lividi o indumenti macchiati.
Il sostegno, la comprensione e un aiuto empatico sono strumenti essenziali per intervenire. Evitare di mortificare o colpevolizzare i ragazzi per ciò che fanno è fondamentale per avvicinarsi a loro in modo efficace.
Recentemente, ho letto il libro di Silvia Avallone, “Cuore nero”, in cui la protagonista, colpevole di un grave reato minorile, affronta una doppia condanna: quella legale, inflittale dal tribunale, e quella personale ed emotiva, fatta di solitudine, mancanza di condivisione e privazione del diritto all’amore. Anche lei, come le sue compagne di carcere, si infligge ferite, imprimendo sulla propria pelle una storia di condanna che, paradossalmente, diventa al tempo stesso la sua salvezza.